Il diario – 26 giugno, da Paphos a Limassol

1Con calma. Oggi si cammina così. Vediamo sorgere il sole in porto, cosa non usuale. Si fa colazione tutti insieme invece di dividersi tra chi sta al timone e chi mangia. Infine si parte. Sono le 9… però a motore… non c’è filo di vento. Calma piatta e mare ancora leggermente ondoso, con le solite onde lunghe ereditate da chissà quale punto del Mediterraneo in tempesta.

Ormai è poca roba, sono a calare, a un certo punto non le sentiremo più.

2La costa è piatta per un paio d’ore. Poi finalmente il panorama cambia e il profilo si alza. La roccia diventa bianca, calcarea. Sembra di costeggiare un tratto di Gargano. Più breve e più basso di ciò che sia ammira tra Mattinatella e Pugnochiuso, però comunque bello.

 

Con calma. Oggi ci si ferma per un bagno e per una pastasciutta in barca. Il tuffo è in acque cristalline, la pasta con acciughe e capperi è ottima, il sole che picchia sulla barca è coperto da due lenzuola improvvisate a tenda sul pozzetto.

3Con calma. La strada è ancora lunga, il motore spinge piano, il vento non si alza. La costa ritorna piatta e si alza solo in prossimità del promontorio prima di Limassol. Una grande penisola che termina con un costone roccioso a picco sul mare. Un bel pezzo di terra tutto blindato, via terra e via mare. C’è una base militare inglese. Si sono conservati un ampio tratto di territorio, i britannici; anche marino. Siamo costretti a stare fuori da due boe gialle che delimitano le acque off limits ai civili. Un bel pezzo di strada in più per noi, un bel pezzo di tempo perso per noi… con calma… ci vuole calma… anche se ti chiedi se tutto ciò ha senso.

Così arriviamo alle 8 di sera: marina di St. Raphael, a 10 km dal centro di Limassol. Sembra che quello della marina di Limassol fosse già pieno. Per fortuna la luce dura a lungo in queste giornate di inizio estate; le più lunghe, le più dolci. Riusciamo ad entrare vedendo ancora bene la stretta bocca del porto. All’inizio siamo un po’ intimoriti. Il posto è pieno di yacht di grosse dimensioni. Ci fanno appoggiare in andana su una banchina riservata al transito, sotto l’edificio degli uffici della marina e di un bar ristorante tutto elegante, ma in pratica vuoto; solo 3 persone davanti a un drink e a una partita dei Mondiali. Che partita fosse non ci è interessato sapere. Ieri ci è giunta notizia della figura di merda dell’Italia e di come i nostri calciatori siano già in spiaggia dopo aver timbrato il cartellino di presenza.

Anche qui consegna passaporti e lista passeggeri al posto di polizia. Domani passeremo a sistemare tutto agli uffici della marina.

C’è pace. E ci sono i bagni con le docce calde… ieri ci eravamo lavati solo con un tuffo in mare e un passaggio di acqua dolce con il tubo sulla banchina.

Il diario – 22/25 giugno, da Rodi a Cipro

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Ma quando ritornano i pellegrini su Thai?

 Concede, quesumus, Domine,

noctem quietam,

mare tranquilum,

ventum securum,

et benedictio tua sit super nos semper.

Amen

Così termina la preghiera dei marinai genovesi che si imbarcavano per lavoro su una delle tante galee della repubblica. La litania, la preghiera completa, la Bonna Parola, cominciava con una triplice invocazione a Dio e al Santo Sepolcro, santuario principale, meta prima e alta del navigare attraverso il Mediterraneo tra medio e basso medioevo.

Die n’ai’ e ‘l Santo Sepolcro

Die n’ai’ e ‘l Santo Sepolcro

Die n’ai’ e ‘l Santo Sepolcro

E nella versione fiorentina della stessa litania la preghiera prosegue:

Ci aiuti Dio e il Santo Sepolcro, e Santa Maria e tutti i santi e le sante e la vera Croce del Monte Calvario e l’angelo Michele e San Giovanni Battista e l’Evangelista e i Santi Pietro e Paolo e San Giacomo.

Sono richiamati esattamente i luoghi verso cui ci indirizziamo e da dove veniamo; il racconto della nostra strada, noi pellegrini iacopei e romei, micaelici e mariani (sempre, con la costante presenza materna della Madonna che non abbandona mai nessun pellegrino nella recita quotidiana del Santo Rosario). E’ stato bello trovare questo testo. Ora ci accompagnera’ lungo la strada.

gÈ tempo di ripartire. Il nostro cammino, interrotto per necessità, è ora pronto a ricominciare.

I pellegrini sono tornati e chiedono il permesso di salire a bordo.

Thai è stata tranquilla in porto a Rodi per 15 giorni custodita da Lorenzo e da Uliano (che ha comunque fatto una rapida sortita in Italia anche lui).

p.luke2A bordo di Thai è stato anche ospitato P. Luke, il francescano che ci ha accolto 15 giorni fa, parroco di Rodi e di Coos. Lorenzo e Uliano lo hanno invitato a cena sabato sera. Si racconta sia stata una serata piacevole per tutti, accompagnata dalla buona cucina di Lorenzo e dal Collio friulano.

Domenica, a sorpresa durante la messa di mezzogiorno, Corpus Domini, P. Luke nell’omelia prende spunto dall’incontro serale facendo una similitudine con la piccola ma amorevole cucina di Thai dove si preparano pasti per i pellegrini. Cibo preparato per essere poi diviso tra tutti.

Come sono importanti i luoghi dell’amore e della frazione del pane. Come sono distanti dalla sottrazione del pane e dalla appropriazione dei luoghi dell’amore che hanno addolorato tante volte  questo splendido angolo di Mediterraneo (e accadono ancora e altrove e sempre… sei ancora quello della pietra e della fionda, uomo del mio tempo… diceva il poeta…).

l j

Prima notte in barca. Bisogna riprendere l’abitudine all’oscillare della branda, anche in porto. Quindi notte di mezzo sonno per tutti. La mattina lo splendido sole estivo di Rodi ci carica. Qualcuno di noi sceglie di fare un ultimo giro per la città vecchia. Ci sono tracce da seguire, pensieri da coltivare, cose da vedere, suggestioni dalle quali farsi prendere. Rodi offre mille spunti a chi cerca di capire un pezzo di storia. Per tanta altra gente ci sono le bancarelle e i bar e i tanti ristorantini. Quello che si trova dipende sempre da quello che si cerca. Ci ritorneremo.

mE un piccolo ultimo appunto: con rammarico notiamo certe inesattezze grafiche nella guide e cartine turistiche di pronto uso che vengono vendute da quasi tutte le bancarelle. wwNell’immagine di copertina di una cartina, dove appaiono i “blasoni” della lingue dei cavalieri, un blasone, dove appaiono chiaramente con i simboli della 4 repubbliche marinare italiane che fin dalle elementari tutti noi abbiamo imparato a riconoscere, viene identificato come blasone della Castiglia. In una guida appare un blasone del Portogallo (che non risulta aver avuto lingua tra i cavalieri… approfondiremo la ricerca e la verifica) e non c’è quello italiano. Strani questi errori… frutto del copia e incolla da internet che sta affossando la cultura mondiale? O ci sono domande che non devono essere fatte?

Meglio volgere la prua della nave alla nostra meta, verso Colui che ha “inghiottito” la morte, sia quella corporale che quella dell’animo di noi uomini piccoli e poveri. Dobbiamo riuscire ad essere sempre pellegrini e stranieri in questo mondo. Non ci sono in questa vita porti dove staremo all’ancora per sempre.

Ora rotta verso est. Ci aspetta l’isola di Cipro distante 260 miglia marine (meta Limassol): 2 giorni e mezzo di navigazione se tutto va bene.

wwwwSono le 11,30 di lunedì. Quindi verso la sera di mercoledì saremo a Cipro. Sono 2 notti di turni al timone e tre giorni di sole a picco. Per fortuna c’è il tendalino del pozzetto. Non abbastanza grande per ripararci tutti, ma facendo un po’ di turni si riesce a stare all’ombra e a non bruciarci. Poi crema protettiva fattore 50 e fugaci stazionamenti sotto coperta, anche se ne siamo sempre rigettati in fretta, visto la difficile vivibilità data dal caldo interno che si fa sentire dalle 10 di mattina in poi.

e

Lunedì pomeriggio: siamo in mezzo al mare e il timone comincia a far fatica a rispondere… Uliano deve scendere in acqua per cercare di stringere un bullone che stava mollandosi… per fortuna tutto risolto

Il vento di SW ci porta fino a sera poi sparisce. In compenso aumenta il mare. C’è un’onda di traverso ed a incrocio molto fastidiosa. In pratica la notte si prosegue a motore basso e con un po’ di fiocco che cerca di prendere tutto quel poco di vento di NW che ci arriva quasi di poppa. È difficile tenere il fiocco gonfio di vento. C’è da correggere sempre la rotta cercando l’orza e poi poggiando con il mare che ci rimbalza sempre con la sua onda contraria. Da lontano ci accompagnano le luci della costa turca. Il resto dell’orizzonte è una coperta di stelle. Non superiamo mai i 4,5 nodi all’ora.

Nuovo giorno, martedì. Mare liscio sulla superficie, ma con una fastidiosa onda sotto che ci porta ad avere una oscillazione continua. Salita e discesa dalle onde lunghe, sempre di mezzotraverso. Roba da mal di mare. Per fortuna stiamo ancora tutti bene… a parte Beppe che è ripartito con un forte mal di schiena e non trova pace in questo continuo movimento. Così abbiamo il nostro “prodiere naturale” poco in forma.

wwwPer fortuna al momento di cominciare il balletto delle vele raduna tutte le energie e sale in prua. Il vento da NW ci accompagna, poi piega venendo in modo più deciso da ovest. Dobbiamo prenderlo, in tutti i modi. Dopo vari assestamenti la versione definitiva dell’impianto velico odierno sono le “ali a farfalla” per prendere tutto il vento che ci arriva di poppa piena (quindi il vento più difficile da prendere). Mettiamo la randa tutta a dritta e si alza il fiocco aprendolo il più possibile a sinistra grazie anche all’uso del tangone che porta la vela fuori dalle mura.

Bisogna comunque stare molto attenti con il timone per mantenere la rotta giusta e tenere il vento sempre esattamente in poppa. Con questo tipo di velatura il vento deve restare a 90°. Non possiamo orzare o poggiare. Il mare non ci aiuta. Dal golfo di Antalia, che stiamo attraversando restandone molto al largo, arriva un moto ondoso difficile. La barca è sempre in oscillazione, la forza dell’onda è grande.

E così fino a mezzanotte. Poi l’onda e il vento diventano difficili da gestire. Onda più lunga e vento a calare. Non si può più tenere la barca in trazione sull’onda senza spinta del vento. Si riaccende il motore. E si balla tutta la notte, anche se nel passare delle ore, verso mattina, il moto ondoso si fa più regolare.

Ma il vento non torna e le onde riprendono a farci oscillare sempre di più.

Verso le 10 finalmente terra!! È siamo già a mercoledì. Decidiamo che faremo rotta verso Paphos. Limassol è troppo distante e siamo stanchi. Non ci arriveremmo prima di sera. Invece così pensiamo di poter arrivare intorno all’ora di pranzo. Abbiamo bisogno di una doccia e di un momento di tranquillità.

L’ultimo pasto completo lo abbiamo fatto domenica sera… in verità ottimo. Lorenzo per festeggiare il nostro ritorno aveva comprato in una pescheria del tonno delizioso. Un vero filetto di pesce. E naturalmente lo ha cotto a regola d’arte, insieme a dei gamberetti fritti perfetti.

In questi giorni invece abbiamo sempre mangiato senza cucinare visto l’onda sempre antipatica tale da rendere pericoloso anche il fornello basculante della cucina del Thai. Quindi insalata, prosciutto e melone, tonno e fagioli, pomodori, formaggio. E ogni volta da un’unica ciotola, a mangiare insieme per non sporcare troppe cose che poi sarebbero state da pulire con la nostra ridotta scorta di acqua dolce. Essenzialità vera, pellegrina; il pellegrinaggio nautico è un’altra storia, ma ha un forte parallelismo con il pellegrinaggio terrestre. E più andiamo avanti e più ci confrontiamo con questa realtà; e più cose vediamo, valutiamo, osserviamo, viviamo. Pellegrini di terra e pellegrini di mare. Non c’è molta differenza. Così come un pellegrino è pronto a caricarsi lo zaino sulle spalle per camminare sulla terra così  bisogna essere pronti a prendere il largo. E sarà lo stesso caldo, stesso sole, stessi disagi, stesse preghiere, stesse speranze, stessi sogni, stessa visione del pellegrinaggio. Chi è pellegrino lo è a prescindere dovunque si trovi sulla via.

E stesse fragilità e paure. Martedì sera Monica sbatte il mignolo del piede sul mignolo di Lorenzo… gli spazi sono stretti e la barca non sta mai ferma in questi giorni. Sembra niente a parte il dolore del momento, ma dopo un po’ il dito si gonfia, diventa nero, sembra rotto. Paura: come si potrà, adesso che si avvicina il tratto da fare a piedi? Silvia, il medico di bordo, interviene con ghiaccio e con un stretta fasciatura a bloccaggio sul dito di fianco. Non c’è altro da fare. Domani si vedrà.

Ogni pellegrinaggio può essere anche il luogo degli infortuni e delle rese. Per fortuna il domani è un bel giorno. Il dito è già più sgonfio e fa molto meno male. Non sembra rotto. Un dito fratturato non avrebbe recuperato così in fretta. Ora c’è da stare attenti nei prossimi giorni tenendolo protetto con i sandali da cammino.

Basta poco per rovinare tutto, su ogni strada.

Marina di Paphos, porto carino, piccolo, con varie barche da pesca e qualcuna da diporto. Il paese di fianco è invece grosso e moderno, troppo, con il suo lungomare pieno di vari edifici.

Nel corso del pomeriggio, facendo un giro, ci accorgeremo di essere in un posto che non riusciamo a definire. Non è Grecia, non è sicuramente neanche Turchia, non lo si potrebbe identificare neanche come internazionale. Ha un carattere strano, o forse non ha carattere… E’ un posto molto turistico. Troppo per i nostri gusti.

fortePafosCi sono tanti locali, bar, ristoranti… poi dalla banchina di fianco a noi partono barconi che propongono ballo sul ponte sotto il sole delle 3 di pomeriggio a ritmi greci o american-rock. La costa e’ piatta con spiagge ridottissime, alcune create sotto gli hotel con prato coltivato, altrimenti scogli di terra marroni. Comunque c’è molta gente, si vede che a loro piace.

L’ufficiale che ci fa dogana (perché siamo in teoria in Europa, ma non accettano la carte di identità e dobbiamo fare dogana) gentilmente ci insegna un locale alternativo, all’interno, un chilometro fuori dal lungomare. Andremo lì stasera facendo una passeggiata… e abbiamo fatto bene. Con 10 euro birra, antipasti e grigliata mista. Tutto buono e nei tavoli di fianco solo famiglie del luogo.

Cerchiamo un collegamento wi-fi per aggiornare il blog; non ci sono internet point e solo andando in uno dei locali possiamo avere un collegamento. Ma i locali non ci piacciono. Si danno tutti molto tono e hanno ciascuno un “buttadentro”. Motivo per evitarli.

Speriamo che Limassol sia diversa. Aspettiamo ancora di scoprire Cipro. Crediamo di non averla potuta vedere qui. Troppo importante e’ la storia di questa isola.

Di fianco al porto, sotto l’insegna di un ristorante, c’è un cartello che dice: San Paolo è sbarcato qui.  In effetti Cipro è una delle prime tappe dei viaggi paolini. Scopriamo che arrivo’ qui con Barnaba nel 45 d.c. e che da qualche parte c’è la colonna della flagellazione del santo… abbiamo visto un altro cartello in mezzo ai bar…

Ancora piu’ disorientati finiamo la nostra giornata. E’ tempo di andare in branda. Sfioriamo l’ultimo negozio, proprio all’inizio della banchina dove è attraccata Thai. Viene voglia di fare un video con la macchina fotografica… sul marciapiede cammina un piccolo dinosauro, sfiorato da una macchina che salta e rimbalza, da una palla che rotola su se stessa emettendo raggi di vari colori, circondato da 3-4 animali indefinibili (uno deve essere un asino, visto le lunghe orecchie) che ballano e cantano e una scimmia che fa delle scomposte capriole. Una scena da Toy Story, un accavallarsi di suoni, un bel consumo di batterie a pila e una domanda… dalla barca sentiremo qualcosa di tutto questo? Per fortuna no. In fondo al porto, dove siamo, c’è pace.

Il diario – 8 giugno, sosta a Rodi

2Quando il giorno della Pentecoste giunse, tutti erano insieme nello stesso luogo. Improvvisamente si fece dal cielo un suono come di vento impetuoso che soffia, e riempì tutta la casa dov’essi erano seduti. Apparvero loro delle lingue come di fuoco che si dividevano e se ne posò una su ciascuno di loro. Tutti furono riempiti di Spirito Santo e cominciarono a parlare in altre lingue, come lo Spirito dava loro di esprimersi.
Or a Gerusalemme soggiornavano dei Giudei, uomini religiosi di ogni nazione che è sotto il cielo. Quando avvenne quel suono, la folla si raccolse e fu confusa, perché ciascuno li udiva parlare nella propria lingua. E tutti stupivano e si meravigliavano, dicendo: «Tutti questi che parlano non sono Galilei? Come mai li udiamo parlare ciascuno nella nostra propria lingua natìa? Noi Parti, Medi, Elamiti, abitanti della Mesopotamia, della Giudea e della Cappadocia, del Ponto e dell’Asia, 10 della Frigia e della Panfilia, dell’Egitto e delle parti della Libia cirenaica e pellegrini romani, 11 tanto Giudei che proseliti, Cretesi e Arabi, li udiamo parlare delle grandi cose di Dio nelle nostre lingue». 12 Tutti stupivano ed erano perplessi chiedendosi l’uno all’altro: «Che cosa significa questo?» 13 Ma altri li deridevano e dicevano: «Sono pieni di vino dolce». (Atti 2, 1- 13)

 Oggi è Pentecoste.

Non c’è miglior posto per passarla.

Il giorno offre molteplici spunti di riflessione.

Qui sull’isola di Rodi le lingue hanno avuto molta storia.

11Rodi, isola contesa, piccolo paradiso mediterraneo a poche miglia dalle coste dell’Asia Minore, da quelle coste greche che videro fiorire la filosofia… perché chi ha studiato sa bene che i primi filosofi, Talete, Anassimene, Anassimandro erano di quella grande terra che fu poi conquistata da un popolo della steppa noto poi come turco, quando l’impero romano e poi bizantino cominciarono a cedere. Talete di Mileto, della regione della Lidia, il territorio di Smirne ed Efeso; Talete, considerato da Aristotele il primo filosofo occidentale.

Rodi perde per la prima volta l’indipendenza con i successori di Alessandro Magno; ritornata indipendente sottoscrive con Roma un accordo commerciale fino a diventare poi parte dell’impero romano e capoluogo della Provincia Insularum. Quando la capitale dell’impero di sposta a Costantinopoli Rodi passa sotto l’egemonia di Bisanzio, ma questo non la salva dall’essere conquistata dagli Arabi nel 672, poi dai saraceni ed essere meta di incursioni di pirati. Con i movimenti legati alla prima crociata Bisanzio riesce a riconquistare Rodi che poi passa “de facto” nelle mani di veneziani, pisani e genovesi che puntano sull’importanza strategica all’interno degli itinerari marittimi.

Noi che ci siamo arrivati a vela abbiamo capito benissimo la necessità di questo approdo e di come i venti prevalenti in alcuni periodi dell’anno portino a transitare in modo naturale da Rodi, e in altri periodi a partire da Rodi.

4Rodi dal 1261 fu governata da ammiragli genovesi, anche se in teoria faceva ancora parte dell’impero bizantino. Nel 1306 l’ammiraglio in carica Vignolo de Vignoli vendette l’isola ai Cavalieri di San Giovanni di Gerusalemme. Era un passaggio strategico. In quel tempo i cavalieri potevano garantire una adeguata opera di difesa del tratto di mare del Dodecaneso e garantire la tutela delle rotte commerciali. L’Ordine dei cavalieri era ormai diventato potente. Era un’entità sovranazionale con molteplici possedimenti in Europa e con il suo centro ora qui, a Rodi. Era costituiti da diverse nazionalità, chiamate “Lingue”: Alvernia, Provenza, Francia, Alemagna, Italia, Inghilterra,  Aragona e Castiglia. Ogni lingua aveva i suoi Priorati o Gran Priorati, Baliaggi e Commende. Sopra a tutti veniva eletto, a vita, il Gran Maestro.

Qui comincia il periodo splendido di Rodi, l’eredità che ancora rimane e che ha fatto di questa isola uno dei luoghi storici più affascinanti il cui culmine si ha nella città medioevale, riconosciuta patrimonio dell’Unesco.

I cavalieri difesero l’isola fino al 1523, quando dovettero cedere all’invasione turca guidata da Solimano I e venne assorbita dell’impero Ottomano. Del resto anche le potenze europee limitarono molto il loro intervento. Cominciava a fare comodo avere rapporti commerciali con i turchi. Rodi fu sacrificata (come pochi anni prima Otranto).

5La liberazione di Rodi avvenne solo nel 1912 oppure si potrebbe scrivere (a seconda di chi scrive la storia) che Rodi fu occupata nel 1912 dall’esercito italiano. Fatto sta che il periodo di presenza italiano fu un momento felice per Rodi. Gli italiani vi portarono mano d’opera e ricchezza. L’isola si risvegliò dal torpore dato dalla dominazione turca (per esempio i greci non potevano risiedere nella città di Rodi, ma solo passarci le ore diurne; solo gli ebrei e i mussulmani potevano risiedervi… e viene anche da pensare… ebrei e mussulmani in accordo… come è strana la storia): scavi, restauri, costruzioni di strade e infrastrutture. Scopriamo una storia che non conoscevamo. Ancora oggi chi ha il coraggio e la lucidità di dire ciò che veramente accadde, può raccontare di tutto quello che gli italiani fecero di buono e di come ricostruirono la città di Rodi, di come dall’Italia arrivarono i migliori operai e artigiani. Poi naturalmente ogni storia ha il suo risvolto negativo e c’è sempre chi è pronto a vedere solamente quello e così il passaggio degli italiani è visto da qualcuno con fastidio. Alla fine della seconda guerra mondiale gli italiani che vivevano li, le famiglie, furono espropriate di tutti i beni e Rodi entrò a far parte della Repubblica Greca (i militari italiani erano già stati deportati dai tedeschi e molti morirono in un tragico naufragio vicino ad Atene).

E noi stamattina perdiamo le prime ore della mattina aspettando di spostare la barca ad un altro attracco. Poi ci dicono che faremo tutto domani. Sigh… potevamo essere già in giro per la città.

Sono ormai le dieci e partiamo veloci, c’è tanto da vedere e noi siamo curiosi e desiderosi di ammirare tutta questa storia.

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La via dei Cavalieri

Entriamo nelle mura cittadine dalla porta Eleftherias. Troviamo subito la prima memoria della presenza dei Cavalieri di San Giovanni: il primo ospitale del XIV secolo. Poi iniziamo la via dei cavalieri con a fianco l’Ospedale grande che cominciò ad essere edificato nel 1440 e in fondo la residenza del Gran Maestro. Tutto questo faceva parte della zona ulteriormente fortificata interna alle mura, il cosiddetto Collachium (dal latino colligere: radunare, mettere insieme, che per un ordine religioso aveva un significato ancora più profondo).

Bellissimo. L’unico rammarico è la fatica che si fa per capire la localizzazione di ogni singolo luogo lungo la via dei cavalieri e negli spazi limitrofi. Ogni tanto presso qualche portone (tutti rigorosamente chiusi) c’è una insegna. Ci si avvicina nella speranza di leggere cosa sia (se la casa della lingua di Francia, o quella d’Italia, ecc.). E invece sono solo insegne statali. In pratica ogni edificio è occupato da qualche ufficio pubblico e chiuso. Vabbe’ che oggi è domenica. Chissà se in altro giorno è possibile almeno buttarci un occhio. Fa però una strana impressione. Si passa lungo questa bellissima via senza capirne fino in fondo la storia e la dislocazione dei singoli edifici. Solo sotto un’arco a un certo punto, nella penombra, si trova una serie di cartelli riassuntivi. Ci soffermiamo, torniamo indietro a camminare sulla strada per recuperare ciò che non abbiamo visto… è un’altra conquista.

SantaMaria VittoriaDobbiamo finire in fretta il nostro giro. È già tardi e ci aspetta la santa messa. Oggi finalmente possiamo arrivarci (dopo quella persa a Rethimno). È a mezzogiorno nella chiesa francescana di Nostra Signora della Vittoria. Dobbiamo trovarla nella zona nord di Rodi, nella parte nuova fuori dalle mura. Riusciamo ad arrivare in tempo. Sarebbe stato spiacevole fare tardi. La chiesa, recente, è già piena. Il celebrante è padre Luke Gregory, di origine inglese, che vive qui insieme a un confratello polacco; sono gli unici due francescani in tutta l’isola e i soli due preti cattolici.

Su un muro ci sono due pannelli che raffigurano i viaggi di San Paolo, che approdò qui nel 58 d.C. e evangelizzò l’isola. Sembra il nostro viaggio, il nostro itinerario attraverso il Mediterraneo. Ci sentiamo ancora di più parte di questa grande storia.

I volti delle persone a messa richiamano molti paesi: nord europei, europei mediterranei e asiatici.

Padre Luke celebra alternando il latino al greco e l’omelia in greco, italiano e inglese. È la funzione più pentecostale che ci sia.

Alla fine lo raggiungiamo con le nostre credenziali. Sa che saremmo arrivati, prima o poi. Monica lo aveva già contattato per mail qualche tempo fa.

Ci accoglie nel convento e si intrattiene a lungo con noi. Prima ci mette i timbri sulle credenziali; sembra lo abbia fatto da sempre, come se ogni giorno passassero pellegrini. Ci mette la data scrivendo anche che siamo nel giorno di Pentecoste.

Poi ci chiede se abbiamo già preso contatto con la Custodia di Terra Santa a Gerusalemme, per essere accolti lì. Confermiamo che c’è un primo contatto, ma nei prossimi giorni lo riprenderemo. Ci consegna alcune fotocopie di articoli che raccontano della comunità cattolica dell’isola e di quanto è stato fatto in questi anni al servizio delle persone. Ci fa anche vedere la biblioteca, suo orgoglio. È riuscito ad avere aiuto da tante persone che qualche anno fa hanno ascoltato l’appello di Radio Vaticana facendo arrivare sull’isola i libri. Poi ci racconta di quanto gli italiani fecero sull’isola. È una storia che cominciamo a imparare. Ci fa capire ancora meglio il fatto che tanto di buono fu realizzato. Ci sottolinea che ciò che fu costruito fu fatto ad opera d’arte e resiste ancora oggi, nonostante la mancata manutenzione di tante strutture. Ci fa piacere sentirlo.

Su internet abbiamo trovato questo articolo che aggiunge dettagli al nostro racconto, per ulteriore completezza:

http://www.balcanicaucaso.org/aree/Grecia/Rodi-piccola-Gerusalemme-dell-Egeo-79822

Invitiamo tutti a visitare anche il sito della chiesa cattolica a Rodi per approfondire questa realtà poco conosciuta.

http://www.catholicchurchrhodes.com/default.asp?id=375

Madonna-FilerimoP. Luke ci regala anche un’immagine della Madonna di Filerimo, una cui copia è venerata in chiesa.

Approfondendo la storia abbiamo visto quanta importante sia. In questo sito c’è un po’ di racconto. Approfondendo in questi giorni l’argomento abbiamo trovato altre cose interessanti, ma per ora ci riserviamo di scrivere tutto in altra occasione… quante cose stiamo imparando…

http://www.holylandreview.net/tsx/articolo-rivista.jsp?wi_number=1966&wi_codseq=EC0910

 

E per ultimo un accenno al libro appena pubblicato,copertina sia in italiano che in inglese. Vengono raccontate le chiese perdute di Rodi, passate al clero ortodosso o distrutte dagli eventi bellici.

È tempo di andare. Dobbiamo salutare P. Luke. Il suo confratello lo attende per il pranzo e anche noi abbiamo il pasto pronto in barca. Il tempo passa e tra poco dobbiamo partire. In 4 lasceremo Rodi. Dobbiamo ritornare in Italia per riprendere il nostro lavoro… 5 settimane di ferie non ce le hanno date… Monica, Paola e Silvia torneranno in ufficio, Beppe a seguire questioni familiari.

Lasciamo Uliano e Lorenzo sul molo insieme a Thai. IMG-20140608-WA0014Noi ci allontaniamo un po’ tristi, ma ben sapendo che saranno solo 2 settimane.

Saliamo su un aereo che riporta tanti italiani a casa dopo le loro ferie… per loro è un ritorno, per noi è l’andata. Il ritorno sarà il 22 giugno e il cammino riprenderà e questa volta fino alla fine, fino alla meta, fino a Gerusalemme.

… se abbiamo aggiornato il blog più lentamente e leggete il resoconto di oggi solo dopo una settimana, tutto è dovuto al fatto che al ritorno a casa c’è stato poco tempo… il ritmo quotidiano ci ha di nuovo travolti… e poi avevamo molto da scrivere, e tanto altro avremmo voluto raccontare.IMG-20140608-WA0007

Il diario – 7 giugno, da Karpatos a Rodi

DSCF3308Alle 4 di mattina molliamo gli ormeggi dal molo di Karpatos. Oggi il mare dovrebbe essere migliore, buono per noi. Facciamo affidamento sul bollettino meteo della locale capitaneria di porto. Da terra non si capisce molto. È un golfo ridossato, con venti che deviano rispetto a quelli che sono in mare aperto. Quindi non possiamo basarci troppo su quello che vediamo. Durante la notte non abbiamo sentito aria entrare nel porto. Ora però sì… che si stia di nuovo agitando Eolo?

Usciamo che è buio. Fuori dal porto ci sono dei grossi scogli che temiamo di non vedere, quindi andiamo molto piano, all’inizio anche con una buona pila tenuta da chi sta in prua, così, tanto per ulteriore precauzione.

Un giorno magari racconteremo in un capitolo apposito dei fari e dei segnali luminosi del mare greco.

L’aria è fresca, non c’è però quella sensazione di freddo dei giorni scorsi e il cielo è pieno di stelle. Ci aspettiamo una giornata tersa e con il sole. Sarà sole di Grecia o sole di Scandinavia?

Appena fuori dall’influsso del golfo e dell’isola troviamo il vento che ci porterà. Si va di bolina stretta, vento da nord est, nodi tra i 20 e i 25. Ottimo per veleggiare: randa e fiocco.

IMG-20140605-WA0001Il mare è ancora mosso. Risente del mal tempo dei giorni scorsi. Comunque per noi è niente; onde e nulla più. Come sono diversi e relativi i metri di valutazione. Certo possiamo anche andare a vedere cosa dice la scala Douglas. Oggi siamo solo tra 3 e 4, quindi mare mosso con tendenza al molto mosso. Però si va. Del resto non siamo in crociera, non è la nostra strada restare in porto o andare a fare un bagno in spiaggia.

 

Siamo partiti con entusiasmo. Non vedevamo l’ora di ripartire e ci stiamo bene qui, navigando verso il sole che sorge, verso la notte che scompare, verso il giorno che esplode. C’è tempo per chiacchierare, per fare una piccola merenda, per scambiarsi il posto al timone… timonare: sentire il vento che prende la vela, andare all’orza e poi poggiare e seguire le onde che ti afferrano e ti ripongono. Che potenza il mare, che rispetto pretende, che amore può generare.

IMG-20140608-WA0009Siamo in mezzo. Dietro di noi non c’è più l’ombra di Karpatos, davanti non il profilo di Rodi.

Abbiamo voluto essere prudenti per questo tratto di mare, per questo canale tra le isole che può agitarsi facilmente. Chissà come era ieri, se era veramente mosso come ci è stato detto. Oggi comunque ci desta ammirazione ed emozione.

DSCF3311E visto che la barca va veloce, quasi a 7 nodi, Rodi appare in fretta. Dopo 4 ore ne vediamo già il profilo. Un paio di navi cargo ci tagliano la rotta ma sono distanti: una ci passa davanti ad almeno 3 miglia, un’altra dietro. Comunque almeno c’è un po’ di vita. Abbiamo attraversato bracci di mare dove non abbiamo visto nessuno, nessuna altra imbarcazione… solo noi, noi soli.

Arrivati a ridosso dell’isola il vento cala. Riusciamo ad andare ancora un po’ con la vela, poi dobbiamo desistere. Siamo fermi, 3-4 nodi di vento, un soffio leggero che a volte si spegne. A un certo punto siamo anche circondati da moscerini. Sembrano polvere. Ci girano intorno posandosi ovunque… proprio ora che avevamo cominciato a tirare fuori le cose per il pranzo. Per fortuna passano in fretta. La nuvola si sposta in pochi minuti.

Gloria del disteso mezzogiorno quand’ombra non rendono gli alberi… caro Montale, non so perché mi torni sempre in mente tu quando arriva il mezzogiorno potente e caldo. Ora fa caldo, il vento è andato tutto via, cominciamo a toglierci le giacche, i pile, le maglie… è l’ora del costume. Evviva, siamo al mare, siamo in Grecia, è estate. Per un po’ sembra veramente di essere in crociera. Il tempo del pranzo, le pigre ore del primo pomeriggio. Navighiamo piano con il motore.

DSCF3320Poi finalmente un refolo, verso costa si vede del movimento, l’aria è più viva. Pieghiamo verso il profilo dell’isola, il vento aumenta… ora c’è, è tornato, 10 nodi, poi 13,14,15. Possiamo alzare le vele, si torna a viaggiare come si deve. Proviamo a prendere tutto il vento che si può. Si prova con il gennaker, poi si prova a tangonarlo, ma il vento sembra calare. Non tiene.

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Fiocco e randa, poi no, di nuovo gennaker. È una ricerca continua, si potrebbe pensare anche a un gioco: c’è un vento da conquistare. E infine si va. Riacquistiamo velocità e cominciamo a vedere la fine di questa lunga giornata. Oltre l’ultimo promontorio c’è Rodi e il suo porto di Mandraki che ci aspetta. Sono ormai le 18, da 14 ore siamo in navigazione.

 

 

 

L’ingresso a Rodi è maestoso.

DSCF3337Mentre lentamente ci avviciniamo restiamo ammirati a guardare le mura della città, il torrione all’angolo del porto, i tre mulini a vento schierati lungo il molo, la chiesa di San Giovanni sull’altro lato del molo e le due colonne con cervi alla sommità a delimitare l’ingresso a Mandraki. Non c’è più il Colosso, ma siamo colti ugualmente da meraviglia e da emozione.

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Attracchiamo e facciamo finalmente una vera doccia calda, l’ultima era stata a Zacinto. La struttura dei servizi è anche un po’ migliore… non di molto, ma meglio.

DSCF3348Per chiudere questa giornata di intenso cammino ci concediamo una serata al ristorante, a mangiar pesce. E poi ci perdiamo tra le vie illuminate e piene di vita di Rodi. Una città medioevale con un fascino che ci rapisce. Dopo lo spettacolo dell’ingresso al porto continua la nostra ammirazione. Domani la rivedremo, con la luce del sole; ora ne gustiamo il fascino nella penombra giallastra delle calde lampade. A Monica ricordano le vie di Acri. Del resto i due luoghi non sono distanti, uniti da un forte legame, da una storia comune… e il pensiero corre all’Ordine dell’Ospedale di San Giovanni di Gerusalemme, agli Ospitalieri, noti in seguito come cavalieri di Rodi e poi di Malta. Siamo sempre più vicini alla Terra Santa.

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Il diario – 6 giugno, sosta a Karpatos

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Visto che oggi non si puo’ uscire con Thai Uliano si consola portando un’altra barca

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Salita alla chiesetta di San Ncola

 

 

 

 

 

 

 

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San Nicola, a protezione dei naviganti. Icona piu’ significativa non potevamo trovare.
Qui e’ tempo anche per un Angelus tutti insieme

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Ancoraggio in porto… un giorno e’ gia’ lungo

 

Il diario – 5 giugno, da Kasos a Karpatos

2Sempre seguendo le infallibili previsioni del tempo diffuse su internet da vari siti prevediamo di partire alle 5 di mattina. Il mare dovrebbe essere più calmo e il tempo più sereno. Alle 5 piove.

Quindi rigirata nel sacco a pelo e attesa nella speranza che duri poco questo piovasco imprevisto. Altrimenti bisognerebbe indossare le cerate e navigare sotto l’acqua… se basta aspettare una mezz’oretta.

1Infine partenza alle 6,20. Il mare previsto con onda media si presenta con onda alta di 3-4 metri e il vento che doveva essere intorno ai 25 nodi ha prolungate punte intorno ai 40. Almeno il vento è da nord ovest, come doveva essere. In questi giorni, in generale, abbiamo visto che le previsioni sembrano sempre sottostimare lo stato. L’intensità dei fenomeni meteo è sempre maggiore di quanto si prevede. C’è di buono che sia la barca che noi dell’equipaggio fino ad ora siamo sempre stati in grado di affrontare il peggior tempo imprevisto e tutto con una buona dose di serenità, oltre che di competenza che non si può non riconoscere. Uliano e Beppe in particolare sanno gestire l’equilibrio velico e trovare sempre la soluzione più corretta per affrontare i vari venti, sia nella loro intensità che direzione. 6Lorenzo è il temperato che aggiunge un pizzico di saggezza ed equilibrio all’entusiasmo quando esso ci porterebbe troppo verso la sfida al mare. Paola è la navigatrice, pronta a correggere la rotta e le tappe indirizzandoci ogni volta nel porto più adeguato. Silvia è sempre presente per rispondere alle tante necessità di manovra con scotte e drizze… anche se il primo giorno si è “scottata” con una scotta scappata troppo presto.

Monica cerca di imparare la nobile arte della navigazione, ha anche provato a tenere il timone i primi giorni, quando le acque erano più tranquille… e dopo aver avuto la conferma di non soffrire il mal di mare registra tutto quello che accade per scrivere questo blog che leggete, visto che serve anche questo.

3Così tutto funziona, ciascuno ha il suo posto e ogni momento viene affrontato meglio che si può. Anche il brutto tempo, che sembra essere il compagno prevalente.

Del resto Qualcuno vuole forse ricordarci che siamo in pellegrinaggio, non in crociera, anche se ci si potrebbe chiedere perché il pellegrino debba tendenzialmente soffrire.

4Noi in verità sappiamo che non si tratta propriamente di sofferenza, ma di difficoltà non evitate, di difficoltà superate in vista della meta, di difficoltà che non fermano il cammino (come accade nella vita, come accade a chi affronta veramente la vita). Se uno fosse in ferie, se fosse un passeggiatore, resterebbe in porto fino ad avere mare piatto, oppure se fosse per terra resterebbe in casa, in albergo. Prenderebbe un traghetto, una macchina, salterebbe tratti di strada, accorcerebbe la via, si darebbe buone giustificazioni per non affrontare tutto. Un pellegrino invece accetta di affrontare con le sue forze ogni metro di strada, ogni miglio di mare, ogni distanza. O almeno ci prova con tutto il cuore e con tutta l’anima. Perché è la meta che fa la strada. È la tensione verso la meta che dà senso e forza al cammino. Se si cammina tanto per camminare, se si cammina per godere dell’aria aperta, appena il gusto diventa fatica si abbandona tutto, oppure si incolpano altri per non aver garantito il gusto pieno, per non aver spianato la strada… magari chi fa le previsioni meteo o chi scrive una guida. E invece no. Ogni nodo in più di vento lo si affronta con lo spirito di chi crede che ogni difficoltà ha un senso, che ogni ostacolo superato è ciò che darà più pienezza al momento dell’arrivo.

5Certo che oggi lo spettacolo del mare è grande. Le onde ci sballottano di qua e di là, è vero, ma questo mare è affascinante. La luce del sole filtra tra le nubi che ogni tanto si addensano sopra di noi scaricando piccoli scrosci d’acqua che il vento disperde portando le gocce di qua e di là tanto quasi da non arrivare a bagnarci veramente.

Il mare si infrange violentemente sugli scogli della costa quando ci avviciniamo finalmente all’isola di Skarpatos. Passiamo di fianco al relitto di una nave, a memento che con il mare non si scherza.

Il vento aumenta mentre arriviamo all’ultimo capo, quello che, doppiato, dovrebbe farci entrare nella baia del paese di Karpatos e infine al porto. Il vento però che viene da terra, aumentato da un temporale incombente all’interno dell’isola, ci butta fuori. Accendiamo anche il motore, ma siamo completamente contro vento. E sono 50 nodi.

Proseguiamo attraversando la baia per cercare di metterci sottovento dalla parte opposta e ritornare poi verso il porto. Così alla fine impieghiamo un’ora per arrivare lì dove eravamo già quasi arrivati.

Arrivati infine alla meta troviamo un porto poco ospitale ben battuto dal vento. Facciamo un ancoraggio in banchina ma poco soddisfacente. Arriva uno della polizia portuale che ci invita ad attraccare in un porticciolo ancora più interno, usato di solito dalle barche locali.

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Doccia al porto. Dopo parecchi giorni…

È una bella fortuna per noi. Anche perché sembra che il tempo stia peggiorando e dovremo restare qui anche domani.

Ora è solo mezzogiorno, ma non possiamo affrontare il lungo tratto di mare, le 16 ore di navigazione che ci dividono da Rodi, con questo tempo e con queste previsioni. Sarebbe da incauti.
Supereremo anche questa difficoltà, la difficoltà dell’attesa.

 

 

Il diario – 4 giugno, da Milatos a Kasos

1Vento di scirocco potente questa notte. Lo abbiamo sentito tutto bene bene. Si infilava in porto entrando sul fianco e spingendo Thai contro la banchina. A volte arrivava a piegare la barca di vari gradi dandoci l’impressione di essere in navigazione piuttosto che in un “tranquillo” porto. A questo ovviamente si aggiungeva il solito rumore di sartie, stralli e quant’altro fosse al vento.

Cominciamo ad avere nostalgia di una normale notte in mezzo ai roncadores.

Verso le 4 lo scirocco è già calato; con un passaggio quasi improvviso passa il testimone al vento da ovest. In anticipo rispetto alle previsioni. E naturalmente c’è tra noi chi è ben sveglio per sentire tutto.

Alle 5,30 siamo già in partenza. Uscita un po’ difficoltosa dal porto a causa dell’onda e vento che ci riportavano contro il molo. Vinto il turbine si esce.

Cominciamo a ballare sulle onde. Il sole sta sorgendo e non fa troppo freddo. Non è però una bella giornata. Varie nubi intorno e foschia umida in basso. Poco piacevole.

2Il vento è da ovest e ci porta. Doppiamo capo Sidheros prima di mezzogiorno lasciando così Creta. Ora siamo in mezzo al mare; facciamo vela verso l’isola di Kasos. Il mare si muove ancora di più. Onda lunga e alta fino a 4 metri da sud est e vento da ovest a 20/25 nodi. Una bella impastata per noi.

Alla fine siamo molto contenti di arrivare a Kasos. Sono le 17,45. Sembra di approdare su un molo di un fiordo norvegese: freddo, vento, nuvole basse, mare mosso… qualcuno sa dirci da che parte è andata la Grecia?

Che sia colpa del nostro gps che è ancora sballato? Per la cronaca: si passa vicino a una zona di esercitazioni per sottomarini. Proviamo con un altro reset e poi vedremo. Ora attracchiamo; siamo stanchi e infreddoliti.3

 

Il diario – 3 giugno, sosta a Milatos

2014_06030391Vento di scirocco che si oppone al nostro cammino; mare agitato e increstato decisamente contro. Non potremmo avanzare di un metro, non ci rimane che restare fermi in porto. Visto che la giornata diventerebbe lunga prendiamo a nolo un’auto e ci inoltriamo nell’interno dell’isola. 3Ci hanno detto che poco distante c’è un sito minoico di interesse similare a quello di Cnosso, la città di Malia. Così gita turistica. Il palazzo risale al 1900 avanti Cristo. 4In verità ciò che si può vedere in loco è di molto inferiore e meno fruibile al visitatore non specialista di resti archeologici rispetto agli scavi di Cnosso dove alcuni pannelli e ricostruzioni aiutano chi non “mastica” cose di questo tipo tutti i giorni. Interessanti sono i due plastici che ricostruiscono il palazzo centrale e un piccolo quartiere, il quartiere M, agglomerato di case ben articolato e strutturato in uno stile che potremmo definire mediterraneo. L’effetto estetico, almeno per come lo abbiamo potuto vedere qui potrebbe fare concorrenza al migliore degli architetti.

2Visto che abbiamo l’auto decidiamo di restare in giro e ci portiamo alla cittadina di Agios NiKolaus, nel golfo oltre il nostro. Porto molto turistico e nessun tipo di attrattiva da renderla meta preferenziale. Almeno questo è stato il nostro giudizio. Anche il giros che abbiamo mangiato non era dei migliori. Giros trovato a fatica dopo aver dribblato le decine di richiami lanciati dai gestori dei vari ristoranti del lungo mare. Invece il caffè Illy che abbiamo poi preso per chiudere la nostra visita era degno. Lungo la via del ritorno spesa al supermercato. Suggestiva la vecchia via che scegliamo in alternativa alla superstrada che abbiamo fatto all’andata. Forse è la cosa più interessante del giro.

IMG-20140603-WA0002Sulla via incontriamo un sito di memoria storica recente. Le grotte dove gli abitanti del luogo, nel 1823, provarono a rifugiarsi per salvarsi dall’ennesimo assalto turco. Purtroppo non bastò per avere salva la vita.

Il resto del pomeriggio passa a Portobello Villas attaccati ad internet IMG-20140603-WA0008per vedere il tempo. Tutti e 6 intorno al pc a cercare conforto. Alla fine la decisione è che domani si parte. Il mare sembra non essere male e il vento di scirocco passerà lasciando spazio a quello da ovest, a noi più favorevole.

Tutto questo dovrebbe accadere nelle prime ore della mattina. Saremo pronti a cogliere l’attimo, o meglio il vento fuggente.

Il diario – 2 giugno, da Rethimno a Milatos

2Giornata grigia, nuvolosa. Si naviga pigramente tra piccole folate di vento che riescono a spingere per un pò la barca e momenti di calma di aria che ci costringono ad accendere il motore. 1JPGNon facciamo tantissime miglia e arriviamo a fermarci a Militos, piccolo porto appena ridossato, protetto dai venti da ovest. Sono le 16,30. Oltre a noi ci sono solo barche di pescatori. Qualcuna sta già uscendo per la pesca, altre usciranno più tardi. Verso sera qualcuna ritorna. Non siamo però riusciti a vedere il pescato. Notiamo che è subito caricato su auto che vengono puntuali sul molo appena una delle barche ritorna dal mare. Forse c’è un accordo tra pescatori e trattorie che acquistano subito tutto. Le barche che escono sono comunque piccole e condotte da un’unica persona. Pescatori solitari che affrontano da soli la notte e le lunghe ore in mare. Vita dura; non si scherza. 3

Fronte al molo c’è una piccola struttura turistica, Portobello Villas. Hanno il collegamento wi-fi e così ci fermiamo a lungo al bar. C’è il sito da aggiornare, whatsapp da collegare per chattare con vari amici. Un momento di relax. In fin dei conti non ne abbiamo tanti. Non è uno scherzo navigare, stare ore e ore in barca. Non è una passeggiata. Certo, a differenza dei pellegrinaggi ai quali siamo abituati, non ci sono problemi di vesciche o di spalle stanche, ma c’è un altro tipo di stanchezza data dalla ricerca continua dell’equilibrio non solo fisico ma di tutto il complesso, di tutta la navigazione. E devi essere sempre pronto a variare l’assetto delle vele. Metti la randa, apri il fiocco, chiudi il fiocco, su la trinchetta, giù la trinchetta, su il gennaker, poi “tangonalo”, giù dal tangone, via di sola randa, giù la randa, via con il solo fiocco, a tre quarti, a mezzo, tutto, randa, prendi una mano di terzaroli, no 2… e se sei in bonaccia o con pochi nodi di vento non c’è altro che attaccare il perfido e rumoroso motore.

Bisogna adattarsi molto di più, al variare del tempo atmosferico, ed essere pronti a partire appena è possibile, sia alba o tramonto; bisogna affrontare anche lunghe nottate di navigazione per poter fare tutte le miglia. Con il mare non si scherza e non si tratta solo di bagnarsi come quando ci si prende un bel temporale durante un pellegrinaggio a piedi. Qui il brutto tempo può voler dire anche pericolo serio, rischio grande. E ugualmente non si possono perdere i momenti di navigazione buoni, quelli nei quali il vento e il mare sono pronti a portarti. Allora devi essere anche tu pronto a farti portare e rispondere alla chiamata. Questo alla fine comporta anche notti insonni e difficoltà a recuperare le energie.

Se poi aggiungiamo che le notti in porto non sempre garantiscono tranquillità e pace favorevoli al riposo… Come negli ospitali spesso si trovano “roncadores” e letti che cigolano, così nel nostro piccolo ospitale navigante abbiamo sartie sbattute dal vento e moto ondoso che possono tenere sveglio il pellegrino più che altrove. In alcune notti è stato così; il più rumoroso ospitale del Cammino non avrebbe retto il confronto. Nave pellegrina batte hospital 10 a 0.

Nel corso della navigazione oggi c’è stato anche da affrontare un problema tecnico. Il gps si è sregolato e devia di 30° rispetto alla bussola. Una cosa molto grave. Adesso viaggiamo lungo costa, ma negli attraversamenti di lunghi bracci di mare può essere pericoloso. Facciamo un’ipotesi addebitando l’avaria alla base Nato presente sul promontorio tra Chania e Rethimno. Il tecnico contattato per telefono ci confermerà che la cosa potrebbe essere possibile… chissà. Il problema è che siamo ormai a 30 miglia dal promontorio. Dobbiamo resettare tutto e ripartire da 0 con tutte le regolazioni.

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Cena in barca: micro tavolo per 6

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Un gatto del molo prova a farsi invitare come settimo commensale