Ma quando ritornano i pellegrini su Thai?
Concede, quesumus, Domine,
noctem quietam,
mare tranquilum,
ventum securum,
et benedictio tua sit super nos semper.
Amen
Così termina la preghiera dei marinai genovesi che si imbarcavano per lavoro su una delle tante galee della repubblica. La litania, la preghiera completa, la Bonna Parola, cominciava con una triplice invocazione a Dio e al Santo Sepolcro, santuario principale, meta prima e alta del navigare attraverso il Mediterraneo tra medio e basso medioevo.
Die n’ai’ e ‘l Santo Sepolcro
Die n’ai’ e ‘l Santo Sepolcro
Die n’ai’ e ‘l Santo Sepolcro
E nella versione fiorentina della stessa litania la preghiera prosegue:
Ci aiuti Dio e il Santo Sepolcro, e Santa Maria e tutti i santi e le sante e la vera Croce del Monte Calvario e l’angelo Michele e San Giovanni Battista e l’Evangelista e i Santi Pietro e Paolo e San Giacomo.
Sono richiamati esattamente i luoghi verso cui ci indirizziamo e da dove veniamo; il racconto della nostra strada, noi pellegrini iacopei e romei, micaelici e mariani (sempre, con la costante presenza materna della Madonna che non abbandona mai nessun pellegrino nella recita quotidiana del Santo Rosario). E’ stato bello trovare questo testo. Ora ci accompagnera’ lungo la strada.
È tempo di ripartire. Il nostro cammino, interrotto per necessità, è ora pronto a ricominciare.
I pellegrini sono tornati e chiedono il permesso di salire a bordo.
Thai è stata tranquilla in porto a Rodi per 15 giorni custodita da Lorenzo e da Uliano (che ha comunque fatto una rapida sortita in Italia anche lui).
A bordo di Thai è stato anche ospitato P. Luke, il francescano che ci ha accolto 15 giorni fa, parroco di Rodi e di Coos. Lorenzo e Uliano lo hanno invitato a cena sabato sera. Si racconta sia stata una serata piacevole per tutti, accompagnata dalla buona cucina di Lorenzo e dal Collio friulano.
Domenica, a sorpresa durante la messa di mezzogiorno, Corpus Domini, P. Luke nell’omelia prende spunto dall’incontro serale facendo una similitudine con la piccola ma amorevole cucina di Thai dove si preparano pasti per i pellegrini. Cibo preparato per essere poi diviso tra tutti.
Come sono importanti i luoghi dell’amore e della frazione del pane. Come sono distanti dalla sottrazione del pane e dalla appropriazione dei luoghi dell’amore che hanno addolorato tante volte questo splendido angolo di Mediterraneo (e accadono ancora e altrove e sempre… sei ancora quello della pietra e della fionda, uomo del mio tempo… diceva il poeta…).
Prima notte in barca. Bisogna riprendere l’abitudine all’oscillare della branda, anche in porto. Quindi notte di mezzo sonno per tutti. La mattina lo splendido sole estivo di Rodi ci carica. Qualcuno di noi sceglie di fare un ultimo giro per la città vecchia. Ci sono tracce da seguire, pensieri da coltivare, cose da vedere, suggestioni dalle quali farsi prendere. Rodi offre mille spunti a chi cerca di capire un pezzo di storia. Per tanta altra gente ci sono le bancarelle e i bar e i tanti ristorantini. Quello che si trova dipende sempre da quello che si cerca. Ci ritorneremo.
E un piccolo ultimo appunto: con rammarico notiamo certe inesattezze grafiche nella guide e cartine turistiche di pronto uso che vengono vendute da quasi tutte le bancarelle. Nell’immagine di copertina di una cartina, dove appaiono i “blasoni” della lingue dei cavalieri, un blasone, dove appaiono chiaramente con i simboli della 4 repubbliche marinare italiane che fin dalle elementari tutti noi abbiamo imparato a riconoscere, viene identificato come blasone della Castiglia. In una guida appare un blasone del Portogallo (che non risulta aver avuto lingua tra i cavalieri… approfondiremo la ricerca e la verifica) e non c’è quello italiano. Strani questi errori… frutto del copia e incolla da internet che sta affossando la cultura mondiale? O ci sono domande che non devono essere fatte?
Meglio volgere la prua della nave alla nostra meta, verso Colui che ha “inghiottito” la morte, sia quella corporale che quella dell’animo di noi uomini piccoli e poveri. Dobbiamo riuscire ad essere sempre pellegrini e stranieri in questo mondo. Non ci sono in questa vita porti dove staremo all’ancora per sempre.
Ora rotta verso est. Ci aspetta l’isola di Cipro distante 260 miglia marine (meta Limassol): 2 giorni e mezzo di navigazione se tutto va bene.
Sono le 11,30 di lunedì. Quindi verso la sera di mercoledì saremo a Cipro. Sono 2 notti di turni al timone e tre giorni di sole a picco. Per fortuna c’è il tendalino del pozzetto. Non abbastanza grande per ripararci tutti, ma facendo un po’ di turni si riesce a stare all’ombra e a non bruciarci. Poi crema protettiva fattore 50 e fugaci stazionamenti sotto coperta, anche se ne siamo sempre rigettati in fretta, visto la difficile vivibilità data dal caldo interno che si fa sentire dalle 10 di mattina in poi.
Lunedì pomeriggio: siamo in mezzo al mare e il timone comincia a far fatica a rispondere… Uliano deve scendere in acqua per cercare di stringere un bullone che stava mollandosi… per fortuna tutto risolto
Il vento di SW ci porta fino a sera poi sparisce. In compenso aumenta il mare. C’è un’onda di traverso ed a incrocio molto fastidiosa. In pratica la notte si prosegue a motore basso e con un po’ di fiocco che cerca di prendere tutto quel poco di vento di NW che ci arriva quasi di poppa. È difficile tenere il fiocco gonfio di vento. C’è da correggere sempre la rotta cercando l’orza e poi poggiando con il mare che ci rimbalza sempre con la sua onda contraria. Da lontano ci accompagnano le luci della costa turca. Il resto dell’orizzonte è una coperta di stelle. Non superiamo mai i 4,5 nodi all’ora.
Nuovo giorno, martedì. Mare liscio sulla superficie, ma con una fastidiosa onda sotto che ci porta ad avere una oscillazione continua. Salita e discesa dalle onde lunghe, sempre di mezzotraverso. Roba da mal di mare. Per fortuna stiamo ancora tutti bene… a parte Beppe che è ripartito con un forte mal di schiena e non trova pace in questo continuo movimento. Così abbiamo il nostro “prodiere naturale” poco in forma.
Per fortuna al momento di cominciare il balletto delle vele raduna tutte le energie e sale in prua. Il vento da NW ci accompagna, poi piega venendo in modo più deciso da ovest. Dobbiamo prenderlo, in tutti i modi. Dopo vari assestamenti la versione definitiva dell’impianto velico odierno sono le “ali a farfalla” per prendere tutto il vento che ci arriva di poppa piena (quindi il vento più difficile da prendere). Mettiamo la randa tutta a dritta e si alza il fiocco aprendolo il più possibile a sinistra grazie anche all’uso del tangone che porta la vela fuori dalle mura.
Bisogna comunque stare molto attenti con il timone per mantenere la rotta giusta e tenere il vento sempre esattamente in poppa. Con questo tipo di velatura il vento deve restare a 90°. Non possiamo orzare o poggiare. Il mare non ci aiuta. Dal golfo di Antalia, che stiamo attraversando restandone molto al largo, arriva un moto ondoso difficile. La barca è sempre in oscillazione, la forza dell’onda è grande.
E così fino a mezzanotte. Poi l’onda e il vento diventano difficili da gestire. Onda più lunga e vento a calare. Non si può più tenere la barca in trazione sull’onda senza spinta del vento. Si riaccende il motore. E si balla tutta la notte, anche se nel passare delle ore, verso mattina, il moto ondoso si fa più regolare.
Ma il vento non torna e le onde riprendono a farci oscillare sempre di più.
Verso le 10 finalmente terra!! È siamo già a mercoledì. Decidiamo che faremo rotta verso Paphos. Limassol è troppo distante e siamo stanchi. Non ci arriveremmo prima di sera. Invece così pensiamo di poter arrivare intorno all’ora di pranzo. Abbiamo bisogno di una doccia e di un momento di tranquillità.
L’ultimo pasto completo lo abbiamo fatto domenica sera… in verità ottimo. Lorenzo per festeggiare il nostro ritorno aveva comprato in una pescheria del tonno delizioso. Un vero filetto di pesce. E naturalmente lo ha cotto a regola d’arte, insieme a dei gamberetti fritti perfetti.
In questi giorni invece abbiamo sempre mangiato senza cucinare visto l’onda sempre antipatica tale da rendere pericoloso anche il fornello basculante della cucina del Thai. Quindi insalata, prosciutto e melone, tonno e fagioli, pomodori, formaggio. E ogni volta da un’unica ciotola, a mangiare insieme per non sporcare troppe cose che poi sarebbero state da pulire con la nostra ridotta scorta di acqua dolce. Essenzialità vera, pellegrina; il pellegrinaggio nautico è un’altra storia, ma ha un forte parallelismo con il pellegrinaggio terrestre. E più andiamo avanti e più ci confrontiamo con questa realtà; e più cose vediamo, valutiamo, osserviamo, viviamo. Pellegrini di terra e pellegrini di mare. Non c’è molta differenza. Così come un pellegrino è pronto a caricarsi lo zaino sulle spalle per camminare sulla terra così bisogna essere pronti a prendere il largo. E sarà lo stesso caldo, stesso sole, stessi disagi, stesse preghiere, stesse speranze, stessi sogni, stessa visione del pellegrinaggio. Chi è pellegrino lo è a prescindere dovunque si trovi sulla via.
E stesse fragilità e paure. Martedì sera Monica sbatte il mignolo del piede sul mignolo di Lorenzo… gli spazi sono stretti e la barca non sta mai ferma in questi giorni. Sembra niente a parte il dolore del momento, ma dopo un po’ il dito si gonfia, diventa nero, sembra rotto. Paura: come si potrà, adesso che si avvicina il tratto da fare a piedi? Silvia, il medico di bordo, interviene con ghiaccio e con un stretta fasciatura a bloccaggio sul dito di fianco. Non c’è altro da fare. Domani si vedrà.
Ogni pellegrinaggio può essere anche il luogo degli infortuni e delle rese. Per fortuna il domani è un bel giorno. Il dito è già più sgonfio e fa molto meno male. Non sembra rotto. Un dito fratturato non avrebbe recuperato così in fretta. Ora c’è da stare attenti nei prossimi giorni tenendolo protetto con i sandali da cammino.
Basta poco per rovinare tutto, su ogni strada.
Marina di Paphos, porto carino, piccolo, con varie barche da pesca e qualcuna da diporto. Il paese di fianco è invece grosso e moderno, troppo, con il suo lungomare pieno di vari edifici.
Nel corso del pomeriggio, facendo un giro, ci accorgeremo di essere in un posto che non riusciamo a definire. Non è Grecia, non è sicuramente neanche Turchia, non lo si potrebbe identificare neanche come internazionale. Ha un carattere strano, o forse non ha carattere… E’ un posto molto turistico. Troppo per i nostri gusti.
Ci sono tanti locali, bar, ristoranti… poi dalla banchina di fianco a noi partono barconi che propongono ballo sul ponte sotto il sole delle 3 di pomeriggio a ritmi greci o american-rock. La costa e’ piatta con spiagge ridottissime, alcune create sotto gli hotel con prato coltivato, altrimenti scogli di terra marroni. Comunque c’è molta gente, si vede che a loro piace.
L’ufficiale che ci fa dogana (perché siamo in teoria in Europa, ma non accettano la carte di identità e dobbiamo fare dogana) gentilmente ci insegna un locale alternativo, all’interno, un chilometro fuori dal lungomare. Andremo lì stasera facendo una passeggiata… e abbiamo fatto bene. Con 10 euro birra, antipasti e grigliata mista. Tutto buono e nei tavoli di fianco solo famiglie del luogo.
Cerchiamo un collegamento wi-fi per aggiornare il blog; non ci sono internet point e solo andando in uno dei locali possiamo avere un collegamento. Ma i locali non ci piacciono. Si danno tutti molto tono e hanno ciascuno un “buttadentro”. Motivo per evitarli.
Speriamo che Limassol sia diversa. Aspettiamo ancora di scoprire Cipro. Crediamo di non averla potuta vedere qui. Troppo importante e’ la storia di questa isola.
Di fianco al porto, sotto l’insegna di un ristorante, c’è un cartello che dice: San Paolo è sbarcato qui. In effetti Cipro è una delle prime tappe dei viaggi paolini. Scopriamo che arrivo’ qui con Barnaba nel 45 d.c. e che da qualche parte c’è la colonna della flagellazione del santo… abbiamo visto un altro cartello in mezzo ai bar…
Ancora piu’ disorientati finiamo la nostra giornata. E’ tempo di andare in branda. Sfioriamo l’ultimo negozio, proprio all’inizio della banchina dove è attraccata Thai. Viene voglia di fare un video con la macchina fotografica… sul marciapiede cammina un piccolo dinosauro, sfiorato da una macchina che salta e rimbalza, da una palla che rotola su se stessa emettendo raggi di vari colori, circondato da 3-4 animali indefinibili (uno deve essere un asino, visto le lunghe orecchie) che ballano e cantano e una scimmia che fa delle scomposte capriole. Una scena da Toy Story, un accavallarsi di suoni, un bel consumo di batterie a pila e una domanda… dalla barca sentiremo qualcosa di tutto questo? Per fortuna no. In fondo al porto, dove siamo, c’è pace.